15 aprile 2007, Val di Suola (Dolomiti Friulane)

Ore 0630, una voce si leva nella mia camera da letto, mentre qualcuno solleva la persiana: "E' giunta l'ora!".
Questo é il grazioso modo di svegliarmi che adotta l'Architetto, ovvero mio padre, da quando ho memoria. Probabilmente é già in piedi da un po', ma non riesco ad aprire gli occhi per vedere se si é già bardato dell'abbigliamento da montagna.
E' dall'autunno del 2005 che non andiamo in montagna insieme. Lui in effetti ci va almeno una o due volte per settimana, mentre io ho fatto solo sei escursioni nell'ultimo anno. Questa volta ci siamo organizzati. Io ho voglia (e necessità) di fare quattro passi, lui vuole provare le sue ciaspe "nuove". Insomma, le ha riparate e costruito un nuovo attacco rapido. Sono ciaspe con l'ovale di legno ed i cordini, molto diverse dalle mie.


L'ultima volta che sono stato in Val di Suola ero con Alb. Avevamo penato per un bel po' prima di raggiungere il rifugio Flaiban Pacherini, sprofondando nella neve fino al cavallo. In quell'occasione era nata la decisione di acquistare le ciaspe. Ora ci torno munito di queste con l'idea di galleggiare sulla neve. Peccato che ce ne sia poca!
A Forni di Sopra tutto é verde, la neve si é ritirata in alto ed assai probabilmente i patetici campi di sci (a quota 880!) non ne hanno vista molta quest'anno. Dalla zona degli impianti sportivi la strada forestale traversa in leggera salita verso Est, fino all'imbocco della Val di Suola. Da qui si punta decisamente verso Sud.
Finita la strada forestale qualcuno ha aperto una pista nuova. E' più ampia di un sentiero, sembra una mulattiera dei tempi della Grande Guerra. Così ad occhio potrebbe essere adatta per salire al rifugio col quad. La cosa mi infastidisce parecchio, tanto che nei tratti dove c'é ancora il vecchio sentiero decido di seguire quello, per farlo restare vivo. Un sentiero esiste fin tanto che é calpestato, poi scompare. Come un giorno scomparirà la strada, il rifugio e probabilmente anche Forni, sempre dopo essere stato violentato da un'autostrada che é in programma da un po' di tempo. Idiozie su idiozie.
Il bosco di faggi é bello, la pendenza ideale per gambe poco allenate. Finché siamo sul sentiero me ne sto buono dietro l'Architetto, che se ne va su tranquillo col suo passo cadenzato. Settantuno anni e non mi rallenta di sicuro! Beato lui.

La bellezza aumenta quando il bosco cessa per lasciare posto ai ghiaioni immani che precipitano dalle guglie dolomitiche, in parte coperti di mughi. La neve é sempre lassù, in lontananza, e le ciaspe appese al sacco rompono, pesano, sembrano sempre più inutili. Arriviamo ad una polse (luogo di sosta sul cammino) ed abbiamo visto solo poche chiazze bianche. In compenso accanto al sentiero c'é una distesa di Erica in fiore ed una Daphne, credo sia D. metzereum. Il Sole picchia forte e penso di avere fatto proprio bene a spalmarmi la faccia di abbondante crema protezione 10.

La neve ci accoglie alla fine, dopo il primo grosso ghiaione. Il rifugio ancora non si vede, ma sappiamo che é nascosto dietro il profilo del conoide successivo. Indossiamo le ciaspe, finalmente giustificate nel loro peso ed ingombro, e questa volta mi tocca andare avanti per battere. Per mia fortuna non c'é nulla da battere ... la neve é primaverile, un po' calda e marcia, ma regge molto bene il mio peso. Mi sembra perfetta. Dietro di me sento imprecare. Le ciaspe dell'Arch sono troppo piccole e sebbene pesi meno di me sprofonda, anche sulle mie tracce.
Procedo abbastanza regolare nel passo, godendomi gli strali del Sole, un leggero venticello mi asciuga rapidamente il sudore ed inizia a farmi provare una forte arsura. Dopo un po' parte la prima scarica da destra. Le guglie si sgretolano lentamente, arricchendo i ghiaioni che poi finiranno nel Tagliamento, ingigantendo le sue gravis e rimpinguando alla fine le tasche di qualche cavatore di ghiaia. Montagne tormentate e fagliate, grande trasporto solido, ecco la parte alta del Tagliamento.

Un'altra scarica potente attrae la nostra attenzione. Siamo al sicuro, sul versante "buono" della valle, lontani da tutte le rupi, come quella volta sul Glacier du Miage. Molto mi riporta alle passeggiate infantili ai piedi del Mont Blanc, certo queste scariche dolomitiche sono pallidi vagiti di fronte al ruggire furioso del Blanc.

Il rifugio é presto raggiunto, ma si rivela un cantiere. Non sapevo che fossero così indietro, avevo inteso che sarebbe stato pronto per l'estate 2007. Niente acqua, a parte quella di fusione. Ci mettiamo a mangiare su un masso poco sotto il Flaiban Pacherini, nel sole, con un caldo che per me é eccessivo.
Non sono per nulla un appassionato all'argomento "mutamenti climatici", ma un curioso abete bianco mi fa pensare. Sembra proprio fuori posto, quassù in mezzo a mughi e larici. Eppure c'é, nonostante il fatto che la valle sembri abbastanza continentale. Elucubrazioni da ecologo.
La discesa é divertente, finché siamo sulla neve. Il mio maledetto ginocchio brucia un po' verso la fine, ma la strada forestale mi salva, mentre 'sto cavolo d'uomo che mi segue sembra non avere pensieri per fatica e dolori. Brutta faccenda, lui ha il doppio dei miei anni. Coraggio, intanto anche questa gita é andata e mi ha fatto bene dentro.


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