23 agosto 2009, Anello della Creta di Enge (Dolomiti Pesarine)
Dopo una certa inattività l'idea era semplice: attirare Alberto su un percorso breve ma roccioso, in modo da non dovere sputare i polmoni nel tentativo di stargli dietro. Così ho tirato fuori la traversata della Cresta di Enge, un obiettivo di quelli che desidera raggiungere da anni. All'ampia sella del Passo Mimoias ci fermiamo un attimo, voglio bere e mangiare qualcosa. Mi sono preparato un po' di chapati indiano seguendo una ricetta spiegata attraverso un video trovato in rete (lo consiglio: link). Va detto che il giorno dopo fa abbastanza schifo. Provo ad offrirlo a più riprese ai miei compagni, ma saggiamente declinano. Veniamo raggiunti e superati da due gruppi. I soliti tizi su con gli anni ci guardano e ci suggeriscono di pensarci bene prima di fare la traversata che abbiamo in mente, perché è su roccia, bisogna sapere arrampicare. Una caratteristica che abbiamo è quella di apparire come dei perfetti imbecilli in gita. Io in particolare vengo costantemente scambiato per uno che va in montagna per la prima volta. Ormai ci ho fatto l'abitudine. All'inizio sono tentato di mandare cordialmente a fanculo tutti i solerti maestri di alpinismo che incontro, poi penso "ma chissenefrega", relax.
Saliamo lo stesso, prima un canalino stretto e bagnato, pieno di detriti, dove solo uno speleologo si sente a suo agio. Poi si apre tutto in una rampa, larga, facile, comoda, piena di detriti e con roccia friabile. Splendido!
Saliamo un bel po', ma più si avanza e più vorrei avere uno spezzone di corda, un paio di chiodi e di dadi, tanto per stare tranquilli. Ad un certo punto, dopo un paio di centinaia di metri di dislivello, dichiaro che così non mi piace andare avanti. I miei compagni tentennano, ma sono intimamente della stessa idea. Immagino le bestemmie interiori di Alberto che negli ultimi tre anni non è mai riuscito ad arrivare in cima a nulla con me, perché ogni volta mi ritiro per qualche motivo. Giriamo i tacchi e scendiamo. Alb lancia una proposta per salvare la giornata: l'anello della Creta di Enge. Si tratta di scendere lungo il vallone omonimo verso Sappada, per circa 500 metri, quindi risalire al passo Elbel ed attraverso quello ridiscendere in Val Pesarina verso Mimoias e poi all'auto. Mi ha fregato ancora una volta. Parto con l'idea di una ravanata con dislivello di poco più di 1000 metri ed ecco che mi trovo a superare la soglia non solo psicologica dei 1200. A conti fatti, fino al punto massimo di arrampicata avremo fatto fra 750 ed 800 metri di dislivello, sommando i 500 di risalita ad Elbel, siamo fra 1250 e 1300 metri. Va bene. Alb rinuncia alla cima ed io soffrirò.
Sono consapevole di non avere allenamento sufficiente per affrontare il giro in tranquillità. Ho davanti 500 metri di salita e stimo che impiegherò almeno due ore per percorrerli, forse due e mezza. Alb dice che ce la farò in un'ora e mezza. Una volta, ci avrei messo un'ora ed un quarto, ora no. Da 450 m/h sono passato ad un ritmo di 250 - 200 m/h. Non è il fiato che manca, ma l'allenamento muscolare, come testimonia la deprimente diminuzione di massa dei quadricipiti femorali e dei polpacci. Al fondovalle di Enge attraversiamo il torrente e prendiamo il sentiero, più frequentato che sale verso Elbel. Per un po' mi guardo attorno. Passiamo sotto una cascata che salta giù dalla parete che il sentiero taglia in diagonale. Bellissima. Gli scenari rimangono da favola. La valle di Elbel è sospesa e questa è una delle cascate che precipitano dallo zoccolo che la separa dal fondovalle di Enge. Dopo la cascata spengo il cervello. Tutta la concentrazione va sulle gambe e sulla respirazione. So che ho esaurito il carburante, devo evitare assolutamente i crampi. Tenere il ritmo, costantemente controllato, in modo da consentire all'acido lattico di andarsene. Guai se si dovesse accumulare. Sembra assurdo, ma per chi va in montagna troppo di rado (e purtroppo per me è così) sono cose essenziali. Inizio a soffrire, come tante altre volte, ma so come gestire la cosa. Resto da solo, indietro, per non cambiare ritmo. Incrocio tre ragazzine che scendono come camosci lungo il sentiero. Beate loro. Poi il resto della loro comitiva, fra cui un individuo che si trascina verso valle reggendo una bottiglia di vino vuota. Puzza di vino più di una cantina. In questo frangente devo dire "che schifo".
Finalmente al passo. Lo sguardo si apre sulla val Pesarina, i monti di Sauris, il Bivera. La luce sta cambiando rapidamente, sono le cinque di pomeriggio. Un paio di scatti e poi giù. Fotografo anche il "mio" Campanile di Mimoias, la prima cima rocciosa raggiunta nell'adolescenza. Poi via verso valle, la strada forestale, la macchina e quindi da Alb a bere una birra e mangiare le solite patatine che, per l'occasione, non sono nemmeno scadute. Alla fine ho calcolato circa 1300 metri di dislivello e 10 ore di movimento. Stanco in modo indescrivibile, ma ho visto posti veramente molto belli! Visualizza Enge in una mappa di dimensioni maggiori attenzione: il percorso segnato è indicativo, consultare una mappa topografica aggiornata RIPARO NATURALE; MALGA; BIVACCO; RIFUGIO |