24 febbraio 2007, Sompdogna (Alpi Giulie)
L'idea di fondo era quella di trovare un po' di neve dura e compatta, trasformata dai cicli di fusione e rigelo dei giorni passati, in modo da giocare un po' con ramponi e picozza. A ranghi ridotti raggiungiamo la Val Saisera, siamo solo io ed il Pulpi. Mi piacerebbe tentare per l'ennesima volta di salire sullo Jôf di Miezegnot, la cima che si trova fra sella Sompdogna e la valle del Fella. In teoria, ma solo in teoria, l'esposizione a Sud dovrebbe garantire un po' di ghiaccio.
La giornata é grigia, nubi basse e dense celano il versante settentrionale dello Jôf di Montâs (Jof di Montasio), lasciando solo intuire la potenza della parete. Fiduciosissimi lasciamo in auto le ciaspe e partiamo a piede libero con i ramponi e la picozza montati in vario modo sugli zaini. Molto professionali.
Appena arriviamo agli edifici della malga di Saisera ci rendiamo conto che le cose non stanno esattamente come le avevamo immaginate. Non c'é molta neve, ma quella é ancora molle. O meglio sembra già molle come a primavera quando fa molto caldo. E' pesante e bagnaticcia.
Iniziamo a risalire tranquillamente il sentiero nel bosco che porta la Rifugio Fratelli Grego (ribatezzato Rifugio Tomaregrega, da un noto insulto triestino). La mia maggiore preoccupazione é risparmiare energie perché il dislivello che mi aspetta non é limitato come nelle ultime gite. Le gambe sembrano girare bene ed il fiato é migliorato rispetto un paio di mesi fa. Ad un certo punto, mentre continuo a pontificare spiegando al Pulpi la differenza fra abete bianco ed abete rosso, sono tentato di accelerare. Ci provo, ma mi rendo conto che é una cattiva idea. Meglio lasciar perdere.
Veniamo superati da tre scialpinisti, che sinceramente non invidio troppo, perché nel bosco gli sci devono essere un ingombro non da poco. Al Grego ci si arriva rapidamente, o così pensavo. In realtà l'altimetro del Pulpi con diario di salita e tutta una serie di splendidi accorgimenti tecnici, rivela che stiamo andando su come cais (lumache). Oh, ma nessuno ci corre dietro. Spero.
Dal Grego saliscendiamo tranquillamente fino a Sella Sompdogna, dove ci fermiamo un attimo a guardare il "panorama". Di per sé lo scenario é splendido, ma le nubi tolgono gran parte della vista. Il Montasio é una presenza intuita, lo Jôf Fuart si sa dov'é ma se ne vede solo la possente base. Solo i due Nabois si mostrano completamente. Lo Jôf di Miezegnot é visibile, ma mi sembra tanto lontano in quel momento. Salire alla malga di Sompdogna si rivela interessante. Innanzitutto si sprofonda molto più del previsto, troppo. E poi fa più freddo. Cerco in tasca i miei bellissimi sottoguanti sottili tecnici acquistati di recente. Perso uno. Le imprecazioni e le bestemmie rimbalzano sulle nubi. Non é tanto per il danno economico, tutto sommato irrisorio, ma per una questione di principio. Innanzitutto quei sottoguanti sono l'unica cosa che ho acquistato a Cortina dopo avere rotto le palle al personale di K2 per due anni senza mai comprare nulla. E poi dopo avere letto della storia di Herzog sull'Annapurna, l'idea di perdere dei guanti mi inquieta ...
Passare a fianco degli edifici della malga di Sompdogna diventa una piccola impresa, durante la quale mi decido ad indossare le ghette, lasciate fin lì nel sacco. La ghetta sinistra non si chiude, o meglio da due gite la lampo non chiude più, lasciando la tenuta esclusivamente al velcro ed a due stupidi automatici. Meglio che niente, in fondo é un velcro "potente". Si sprofonda fino alla pancia, come nella migliore tradizione.
Raggiunto di nuovo il bosco le cose migliorano, ma la voglia di andare avanti scema. La pista é battuta, ma ad una radura decidiamo di mangiare un panino, facciamo due, mettiamoci anche una tazza di caffé corretto. La voglia di proseguire scompare.
L'altimetro del Pulpi dice che abbiamo fatto poco più di 600 metri di dislivello. Per me é un record nell'ultimo anno (!!). Posso considerarmi soddisfatto.
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La discesa é tranquilla fino al Grego, poi il bosco e ... si scia con gli scarponi sulla traccia batutta, ma c'é di meglio: lanciarsi giù nel bosco correndo e scivolando. E' esattamente ciò che non deve fare chi ha problemi alle ginocchia. Quindi non lo dovrei fare. Ma stranamente le sento stabili e così ci provo. Il Pulpi sostiene che sono psicopatico, non tanto perché rischio di centrare un albero, ma piuttosto perché fino al giorno prima la visita dall'ortopedico non scendevo nemmeno le scale, adesso che ho buoni elementi per credere che non ci siano legamenti danneggiati corro nel bosco come un idiota.
Corro fintanto che sento i muscoli funzionare, non bisogna mai, dico mai, correre in discesa se i quadricipiti femorali sono stanchi. L'ho imparato dopo trentacinque anni.
Tornati all'auto siamo particolarmente presto. Proviamo ad andare a Tarvisio per fare visita al fratello del Pulpi che, regolarmente, é sceso ad Udine. Ci beviamo una birra e poi scendiamo in pianura, dove un uomo gadget felice é atteso dalla sua nuova mountain bike bionica da un milione di euri.
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